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sabato 4 aprile 2009

Il cavallo di battaglia

Quando andavo al liceo, c'era un mio compagno di classe che aveva un particolare cavallo di battaglia.
Per le lezioni di lingue, eravamo invitati di tanto in tanto a leggere autonomanente qualche romanzo e durante le interrogazioni ad esporlo. Non era un obbligo però, se lo si faceva, ciò poteva aumentare il voto.
Ora questo mio compagno per molto tempo ha esposto La Peste di Albert Camus. C'è da chiedersi perché abbia detto per molto tempo. La nostra professoressa non aveva una memoria molto "resistente" e ciò faceva sì che lui potesse parlare sempre dello stesso libro "impunemente", fermo restando che una volta scoperto avrebbe dovuto cambiarlo. Ciò non essendo mai accaduto, lui non aveva motivo per cambiare libro.
L'aneddoto mi serve come spunto per una riflessione.
La maggior parte degli artisti segue una propria strada, una propria convinzione: i pittori gli stessi soggetti, i musicisti gli stessi ritmi, i registi gli stessi temi. Ciò ne determina la fortuna o meno. Hanno dei cosiddetti "cavalli di battaglia"; finché il pubblico li esalta, non hanno motivo di cambiarli. Sarebbe da stupidi. Nei film di un certo regista troverai sempre gli stessi attori o gli stessi stereotipi, come nella musica di un certo gruppo gli stessi arrangiamenti e le stesse melodie. Perché cambiare se tutto va bene?
Io, in cuor mio, credo che al contrario sia importante sperimentare. Uscire da un certo schema, anche soltanto per un attimo, per migliorare ed arricchirsi, sapendo però che si può sempre tornare indietro.

PS c'è però il rovescio della medaglia: cambiare prospettiva è visto da molti come un tradimento, tradimento di chi in fondo ti dà il pane.

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